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Fu
questo il periodo, tra il 1850 e 1860, in cui proliferarono gli
studi fotografici a Milano. Pittori ritrattisti, ottici e chimici
sfruttarono le loro precedenti esperienze per dar vita alla nuova
attivita'.Altri artigiani si improvvisarono fotografi e dovettero
apprendere un procedimento molto complesso, spesso sperimentando
ed affinando tecniche non ancora codificate.Sorsero anche attivita'
collaterali: decoratori di fondali, litografi per la stampa dei
cartoncini, rilegatori di albums, rivenditori di prodotti chimici
di base, ebanisti e meccanici fini per la produzione delle apparecchiature.
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Soltanto
dopo il 1870 i fotografi poterono disporre di prodotti sensibili
finiti ed abbandonare in parte le alchimie pionieristiche che li
avevano dotati di una solida esperienza. Non disponevano ancora
dell' illuminazione elettrica che fece la sua comparsa verso il
1885: si illuminava a gas, a petrolio o con candele steariche.
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Il
maggior lavoro lo svolgeva il sole che si diceva "ormai
sapesse dipingere".Gli studi dovevano disporre di ampi
locali con vetrate e lucernari che diffondevano e filtravano la
luce del giorno. Meglio ancora se l'atelier era dotato di giardino
o terrazza. Ogni fotografo aveva un suo schema di luci e sapientemente
ne appuntava lo schizzo nei sui registri.
Quando
le lampade di Edison fecero la loro comparsa i fotografi ne furono
subito i primiutilizzatori
tanto che molti di essi ne dichiaravano orgogliosamente la disponibilità
sul retro delle foto, tra le medaglie e i riconoscimenti della Real
Casa.
"Atelier con luce a tutte le ore anche con tempo piovoso"
compariva sempre piu' spesso sui supporti delle fotografie man mano
che l'elettrificazione di Milano progrediva. |
L'
impulso maggiore alla diffusione della fotografia nelle classi medio
borghesi fu dato dall'avvento della "carte de visite",
sistema che permetteva di ridurre ulteriormente i costi approfittando
dell'intuizione di un intraprendente fotografo italo-francese, Adolphe-Eugène
Disderi, che ideo' un apparecchio da ripresa ad immagine multipla,
otto ritratti su una stessa lastra che venivano incollati su un
cartoncino di un formato di poco superiore a quello di un biglietto
da visita. In quegli anni erano di moda le miniature eseguite da
pittori specialisti: la "carte de visite" oltre
ad averne le dimensioni assicurava anche una immagine certamente
piu' economica e rassomigliante. |
E
fu' sicuramente il primo successo commerciale della ancor giovane
fotografia: le "cartes de visite" erano impreziosite
e rinforzate da supporti cartonati con leziosi decori alla moda,
i fregi e le medaglie testimoniavano le benemerenze del fotografo:
molto spesso premiato alle esposizioni internazionali, o fornitore
della Casa Reale.
Erano
maneggevoli, potevano essere raccolte in comodi albums a finestrelle
e venivano scambiate con parenti, amici e conoscenti.
Come le attuali carte di credito erano conservate in gran numero
nei portafogli dei Milanesi.
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Le
"cartes de visite" ebbero un primo declino verso
il 1870 quando formati di stampa di maggiori dimensioni, Margherita,
Cabinet, Excelsior, Album, permisero di rappresentare soggetti
a figura intera, gruppi e scenari piu' ampi. I cartoni di supporto
divennero piu' sofisticati e ricchi di decorazioni, le scritte
sul retro proponevano i nuovi servizi offerti alla clientela,
fotoceramica, ritocchi intriganti per soggetti ambiziosi, salotti
di trucco, in qualche caso anche l'abbigliamento a nolo.
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Sebbene
in declino le "cartes de visite" continuarono
ad essere prodotte fino alla fine della prima Guerra Mondiale.
Il loro fascino era la portabilita', il loro formato tascabile
ed il minore costo ne garanti' la sopravvivenza nella clientela
meno agiata.
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Poco
prima del 1870 comparve un altro formato fotografico, la fotografia
su cartolina postale. Economica, ancora di formato maneggevole,
di buona qualita', la cartolina postale aveva il pregio di poter
essere oltre che conservata anche affrancata e spedita grazie alla
stampa sul retro per l'indirizzo e il francobollo.
Il mezzo fotografico si era quasi del tutto democratizzato. Con
pochi centesimi il soggetto poteva procurarsi quanti multipli voleva
e farli recapitare ovunque. Se sulle "cartes de visite"
si apponeva al massimo una dedica o una data, con le cartoline postali
si aggiungevano alle immagini le storie ed i sentimenti dei soggetti. |
Il
passo definitivo verso la massificazione della fotografia si
ebbe alla
fine dell'Ottocento quando le industrie introdussero la pellicola
in rullo e le fotocamere portatili. Entrarono in scena i non professionisti
che della fotografia fecero in molti casi un uso pregevole documentando
viaggi in paesi sconosciuti, campagne di guerra, opere d'arte, indagini
sociologiche.
La
facilita' del procedimento non selezionava piu' i fotografi, sempre
piu' spesso i reperti dell'epoca non possedevano la qualita' dei
primi tempi.
Molti atelier si dotarono di servizi di sviluppo e stampa per i
privati e lo studio di ripresa sacrifico' spazio a favore della
camera oscura conto terzi. |
Ma
questa e' una storia diversa, meno affascinante, meno pionieristica
e con un certo decadimento di stile e di tecnica. Uno scadimento
complessivo della qualita' estetica e di contenuto che coinvolse
anche i nuovi professionisti, piu' mercanti che artisti , piu'
artigiani che scienziati, e soprattutto piu' banali nelle rappresentazioni
perche' spesso privi di quell' "etica della visione"
che aveva caratterizzato i loro predecessori.
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