Page 80 - Milano Periferia
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La periferia vecchia é un insieme di stratificazioni edilizie in cui
l’agglomerato antico tenta di non lasciarsi sopraffare da quello
più recente. Come alla Bovisa, all’Isola di Porta Garibaldi, a
Greco. Il paesaggio é industriale, ricco di ciminiere (talune in
disuso) e poverissimo di verde. Spesso però l’antico ha ceduto
ed é stato risucchiato, addirittura sopravanzato dall’espansione
dissennata della città.
Questa lotta fra quartieri cominciò all’indomani della fine della
prima guerra mondiale. Oggi, di fronte al vuoto di quella nuova,
la vecchia periferia appare meno improvvisata, più radicata nel-
le strutture cittadine, socialmente attrezzata. Ma il paragone,
non va mai dimenticato, é fatto con le tante carenze dei quar-
tieri sorti nel secondo dopoguerra. L’impressione di colore
rischia di avere il sopravvento attenuando a bella posta le lace-
razioni di una città che per la fretta di crescere si é in effetti
infischiata delle tradizioni dei suoi abitanti. Soprattutto di quelli
nati proprio a Milano.
Nel 1921 il territorio comunale di Milano era uno dei meno estesi
fra le città italiane: appena 76 chilometri quadrati. La popola-
zione, tuttavia, negli ultimi dieci anni era aumentata di 100 mila
unità fino a scavalcare quota 700 mila. Nasceva la metropoli.
Undici comuni limitrofi venivano assorbiti. Il piano regolatore
del 1912 era ormai uno strumento superato dalle prime immi-
grazioni di massa. L’assessore all’edilizia, Cesare Chiodi, con-
vocò una commissione per studiarne uno nuovo. Nel frattempo
venne Mussolini. Gli otto quartieri (Ripamonti, Mac Mahon, Spa-
venta, Lulli, Tibaldi, Lombardia, Niguarda e Cialdini) sareb-
bero stati gli ultimi ad ereditare, aggiornando le esigenze igie-
niche, lo spirito comunitario delle case popolari dell’Ottocento,
quelle con la ringhiera e il fico nel cortile sui navigli e a Porta
Volta.
Il fascismo era per l’isolamento dei nuclei familiari dietro una
facciata di convenienza. Ma la megalomania del regime fece
poi cose perverse in urbanistica. Dei tre progetti per il nuovo
piano regolatore finì per vincere quello più ligio alla retorica
dei gerarchi in camicia nera. Era degli architetti Portaluppi e
Semenza. Milano fu messa a soqquadro.
l navigli vennero ricoperti perché "essi - spiegava Cesare
Albertini, la mente dell’ufficio tecnico municipale - sono un
pericolo sociale per l’attrazione che esercitano sui deboli e