Page 13 - Milano Periferia
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Ai primi quattro gruppi pensò il Comune a mezzo dei suoi uffici tecnici,
ai secondi l' "Istituto per le case popolari od economiche di Milano" crea-
to nel 1908 dal Comune stesso che poi gli conferiva a titolo di capitale i
quartieri già costruiti e numerose aree in varie parti del territorio. Dopo
la pausa della guerra le costruzioni dell’Istituto ripresero e sorsero così
i quattro villaggi di Campo dei Fiori, di Baravalle, Tiepolo e Gran Sasso,
distribuiti in diversi punti della città. Nel 1920, perdurando la crisi degli
alloggi, tre nuovi quartieri si aggiunsero alla cerchia cittadina a Porta
Genova, a Porta Vittoria e a Porta Magenta e altri poco dopo in Via Pa-
scoli, Botticelli, Del Sarto, Monza, Friuli.
Municipalità, Istituto per le case popolari e Stato si diedero la mano per
attuare un piano regolatore migliorato rispetto a quello del 1912, non sem-
pre con la necessaria accortezza nel demolire fatiscenti edifici, creando
sfrattati e scontenti; comunque sia essi finanziarono e portarono a compi-
mento nel biennio 1926-27 circa 10.000 nuovi locali. L’ "Istituto per le case
popolari" da solo contava ormai su 28.000 locali. Milano in quegli anni
raggiungeva la cifra di 200.000 operai abitanti in loco e dava ai suoi caso-
ni (oggi spesso sgangherati nelle loro strutture interne) quell’impronta tra
liberty familiare e art-deco che tuttora permane e che le é caratteristica,
al di qua degli stili assunti di poi e rampollati da noi, in modo spesso mal-
destro, dal razionalismo diffusosi in Germania, in Francia e in Spagna, si
che il modulo puristico lecorbuseriano ci pativa, costretto ad usum del-
phini id est provinciae. Tale impronta bene o male, piacente o meno, ac-
compagna in modo uniforme lo sviluppo edilizio di anni non ancora com-
pletamente dominati dall’urbanistica fascista dei Piacentini, dei Porta-
luppi e dei Semenza di fronte alla cui retorica monumentale od enfatica
lo stesso "stile Broglio" appare più rispettoso della tradizione.
Incredibile, ma vero e attestato: il Comune incoraggiava l’opera di Enti
cooperativi e privati, mettendo largamente a disposizione dei costruttori
i terreni fabbricabili comunali a prezzi di favore, col solo vincolo dell’im-
mediata fabbricazione.
Che fossero tempi diversi, rispetto a questi di sinistra rapina?
E' certo che la Milano di cinquant’anni fà,pur essendo ignara di ecologia
e di teorie sull’ambiente, non mancava di una qual tutela organizzativa:
un "Istituto per le case economiche" derivato dal più antico per le
"case popolari" sorvegliava sulla costruzione di villini da assegnarsi in
proprietà individuale ai soci con lungo ammortamento, per favorire anche
risparmiatori dei nuovi ceti medi desiderosi di una casa e incrementare
la piccola proprietà: una società dal titolo "Albergo Popolare" si propo-
neva con la costruzione di pensioni decorose a prezzo modico di togliere
molte persone dalle locande private di infimo grado, dai fienili e dalle
stalle offrendo un alloggio modesto, ma confortevole; i "Dormitori popo-
lari" (famoso quello fuori di Porta Romana in Via Colletta, 3.000 mq.) per
uomini e per donne separati, con bagni, docce, lavanderia ed apparec-
chi di disinfezione, gli "Asili notturni Lorenzo e Teresa" per disoccupati