Page 14 - Milano Periferia
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e bisognosi (155.037 persone ospiti in un solo anno, il 1924), i "Ricoveri
notturni gratuiti" provvedevano ad affrontare, se non a risolvere, certi
problemi di pauperismo, di collocamento di senzatetto, di "clochards"
periferici, di " magütt" , di dispersi "bòsin".
Da non dimenticare anche i "Ristoranti economici" e le "Cucine popo-
lari" della società A. Coop. per cucine pop., sovvenzionati dal Comune e
da altri enti. Oggi che la civiltà del consumismo ha diffuso il costume spen-
dereccio del ristorante alla moda, che ci vuota il portafoglio già stremato,
la notizia di questi ristoranti a piatto unico con lista settimanale, ci torna
gradita e attualissima. Li si trova ancora nelle città straniere più ricche
con menu a prezzo fisso, da noi no: noi mangiamo ancora alla carta
al modo principesco.
Con le "Cucine economiche"dove da giovincello consumavo al sicuro i
miei pasti, a Milano c’erano anche la "Società del pane quotidiano"(250
gr. per persona a tutti quelli che si presentavano) e la "Cucina per am-
malati poveri",i padri Cappuccini di Via Vercellese che distribuivano la
minestra e un tozzo di pane, "Bagni"di carattere popolare come I’Arge-
lati, il Nazionale, il Ticino sulla Roggia Boniforti, il Castelfidardo sul Na-
viglio Grande ancora solcato dai "barchett de Buffalora".
Andare dunque a fare il bagno fuori città al Ticinese usando pacatamente
la bicicletta, da corsa o da viaggio, invece che - come oggi succede -
a guisa di automi carambolati da un motore, era stupendo. La bicicletta
rappresentava il veicolo prescelto della periferia.
Da piccoli il gusto del confronto delle marche col vanto della efficienza
veloce ci esaltavano: Bianchi o Legnano, Maino o U. Dei, qual’era la mi-
gliore? Ma c’era anche il carro il cui rumore singolare teneva bordone per
tutto il giorno al riposo della periferia. Strano rumore, mai alternato e
stridulo come quello delle automobili, che s’alzava grattuggiante dalle vie
selciate (rissade) non ancora ricoperte dal "macadàn" più acquatico e
appiccaticcio là dove erano stesi già i due "trottoirs".
L’eterno rumore dei carri delle imprese da costruzione (ho presenti quelle
del "Marnon" dalle due grandi ruote ferrate) e del ghiaccio (quattro
ruote piccole) al mattino accompagnava la vita della periferia, quando
s’appressava ancora il pastore con le sue capre a mungere il latte sulla
porta di casa e a consegnartelo preziosamente col misurino d’un quarto
e d’un mezzo litro.
Sullo sfondo di questo quadro appena schizzato intravvedo i tanti depo-
siti o "sôstre",in cui si smerciava legna e carbone di legna per gli scal-
dini e i ferri da stiro, le drogherie più ristrette che in centro e a un
ingresso solo con la bacheca de "i past" o "bônbôn" a un lato, i vasi di
vetro delle caramelle, dei mentini o delle scarpette di liquirizie, le scatole
ovalari contenenti spezie, cannella e chiodi di garofano, le offellerie pic-
colissime con laboratorio annesso, gli scalcinati negozi di riparazione di
biciclette, i garages dipinti a fasce non battezzati ancora con italianismo