Page 15 - Milano Periferia
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littorio autorimesse, le immagini della Madonna su certe sbiadite facciate,
un lumino e i fiori sotto.

La periferia mi vien davanti come una contrada diversa e differenziata,
non ancora omologata nelle varie classi, piena di slancio vitale e di otti
mismo, che il dialetto scandiva, alternato all’italiano quello dell’operaio
che ormai avesse vocazione all’istruzione, più svaccato ed arioso quello
delle portinaie, che s’annunciavano come brianzole.

Il servizio-sgombero delle immondizie era fatto a spese dei privati e si
leggeva allora il "Tranvai", giornale nella lingua di Porta, partecipando di
gusto ai casi e alle avventure di Tecoppa, di Poldin e di Genoveffa.

Mentre l’immigrazione veniva dal Lago Maggiore e dalla Valtellina (e già
verso Nord si dirigeva il turismo agli albori, su vagoni dal balconcino in
testa come quelli del Far West), la bassa assicurava vivo e sanguigno
presso le ideali mura il rapporto tra città e campagna, ora per sempre
defunto.

La pace periferica era misteriosa e ricercata. Perfino le osterie offrivano
dalle loro insegne promesse di ristoro e di distensione, oasi ermeticamen-
te difese da ciò che fa sempre labente, coi suoi corsi e ricorsi, la città:
la "Cazzeula", il "Passetto",il "Ronchetto", il "Ronchettino", il "Ristoro ",
il "Ponticello", il "Praticello" e poi le "Rose"d’ogni colore e
le "Viole" .

In tutte si cantava, con in corpo un grigioverde o una staffa, della bel-
lezza del vivere semplice e saggio al modo lombardo, specie se questa
bellezza incarnava la grazia bonaria di qualche florida ostessa:

                              "Giò dal pont de Porta Romana
                              ghe sta la scior’ Anna
                              che fa i calzett
                              titich e titècch... " .

L’ECOCIDIO

"Quella" periferia d’ieri oggi é diventata città e la periferia di oggi é
negazione di quella d’ieri. Per esprimermi col gergo pregnante dei nuovi
francofortesi, mescolati talvolta ai francofortiniani più sublimemente tor-
mentati, essa non possiede più un' "identità culturale ", anzi é stata espro-
priata d’ogni cultura.

E' abitata da stranieri,non perché sia straniera la gente che stipa le stanze
degli innumerevoli condomini cresciuti come fungaie dopo una notte di
pioggia attorno alla battigia delle ultime case vissute, ma perché essi
non sono mai stati assimilati alla vita cittadina: soggetti passivi quindi,
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