Page 16 - Milano Periferia
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frutto immaturo e non còlto della "proletarizzazione dei ceti medi",, ter-
ziari oggi, più che operai.
Al viatore, al pendolare che entra -o che esce- la città ormai si pre-
senta come qualcosa di blindato o di duramente anonimo e di spettrale.
Ed anche la linearità é stata spezzata dallo zigzagare delle altezze ver-
tiginose, dalle schiattanti forme piramidali o atzeche. Gli enormi agglo-
merati dei nuovi quartieri (Tessera, Quarto Oggiaro, Gallaratese, Grato-
soglio, eccetera) s’assiepano, s’aggruppano, buttandosi addosso l’un l’altro
a rubarsi lo spazio. Spalancano file di finestre tutte rigorosamente eguali
per una fila interminabile di piani simili a occhi vitrei, ostentando teorie
d i balconi simili a bagnarole, da cui spunta timido un vaso. Pesano tal-
volta su portici plumbei e semioscuri come su zampe fossilizzate di ste-
gosauri.
Non hai mai l’impressione di un’unità che regoli l’insieme di queste forme
neogenite, che sembrano piuttosto escrete dal caso, spuntate dal caos
primordiale.
Le otto "new towns" londinesi, sorte su un piano ancora del 1944, tra
larghissime parentesi di verde, ciascuna con un centro autonomo, vie ra-
zionali e spazi ricreativi ben delineati e fissati, saranno per un verso opi-
nabili, ma certo sono un affronto umiliante per la nostra edilizia anarchi-
ca, che ha sempre rifiutato ogni modello, ogni disegno premeditato. Del
resto Milano s’apparenta in questo ad altre città italiane, Napoli, Palermo,
Roma etc.
La trasformazione urbana si é mutata in ecocidio ad opera di azioni ban-
ditesche. Con la scusa delle ragioni igieniche e viabilistiche furono attua-
te qui e altrove vere distruzioni in blocco di autentici patrimoni edilizi,
oltre che storici, costituiti dai quartieri popolari e si legalizzò l’esodo for-
zato dei loro abitanti destinati ai termitai di cemento del suburbio. Già
fin dal 1896 quando il Comune non esitava ad abbattere l’antica Porta dei
Fabbri (Via De Amicis, ang. Via Carducci) nonostante il parere contrario
del pittore Conconi e di Luca Beltrami, poi lungo gli anni del fascismo (*)
per arrivare soprattutto al 1960, anno disastroso in cui furono demolite ben
8.000 stanze di abitazione sulla base di criteri speculativi di trionfalismo
economico, sono state inferte lesioni irreparabili, apportate continue mo-
difiche all’assetto urbano. E' stato accertato che il 60% del centro storico
milanese, comprendente la più solinga e calda periferia, é scomparso per
rapina di speculatori non abbastanza frenati dai pur severi divieti mu-
nicipali, o é stato distrutto da un urbanesimo violento ed incurante.
(*) Degli sventramenti attuati dal regime mussoliniano con propositi razzistici e così del-
l’inguaiata urbanistica fascista ci informa lo svelto e documentato testo del Bernacchi,
che accompagna le fotografie.