Page 22 - Milano Periferia
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Il pregio del libro sta nel presentarsi privo di alchimie e di pretese di
pittoricismo e al contrario com’era facile esserne tentati, lontano anche
dalla fotografia pura alla Stieglitz. La stessa oggettività, come canone
supremo d’un’arte finalmente dominante l’oggetto, finisce col diventare
(e lo si vede perfino nella grande "Neue Sachlichkeit" le cui implica-
zioni politiche mai negheranno le premesse metafisiche e certi esiti di
stilnovismo goticizzante) astrazione simbolica espressiva (Max Deri) e
quindi per autonegarsi.
Nella fotografia, che é sempre influenzata dal realismo (vedi Sander) il
discorso é in parte diverso.
Resta il fatto, pero, che la realtà patisce sempre di essere interpretata da
ogni operatore secondo il proprio modo di vedere e la propria cultura:
da ciò nascono il carattere precipuo del segno, il margine o il salto quali-
tativo concessi alla sua continua creatività. Come ci ha chiarito, in pagine
ormai memorabili il genio di Benjamin, "la creatività della fotografia é
la sua abdicazione alla moda": la capacità di montare entro la totalità
del cosmo un qualunque barattolo di conserve, non vale quanto quella di
cogliere qualcuno dei contesti umani in cui tale totalità si presenta.
Il saper dire qualcosa sopra la realtà fa dunque sembrare vago e supe-
rato il proposito - fermo ancora in taluni, pochi per fortuna - di voler-
cela restituire sulla lastra. Non é tale lo spirito di questo testo di foto-
grammi che vorrei suggerire ai patiti dell’interdisciplina e a studenti rifor-
misti come un’originale alternativa a un tipo di semiologia non abbastanza
considerato.
In esso del resto trovo la conferma di teorie le cui acquisizioni ritengo
ormai stabili e indiscusse. Ecco perché lo considero esemplare sotto di-
versi punti di vista.
Si offre innanzitutto come documento, punto e basta. Evitando ogni eser-
cizio calligrafico, ogni ricamo di fumoso inconscio. Le immagini s’avvi-
cendano limpide, di una limpidezza quasi usuale si che ciascuno di noi
potrebbe averle fissate. Del tutto prive di quelI’ " aura", che ha apparen-
tato spesso ed equivocamente la fotografia all’arte falsandone la funzio-
ne, ritardandone la democratizzazione smentiscono tanto l’incorniciatura
"embaumée" quanto la scelta dell’eccezionale o dell’esotico, dell’unico,
dell’irrepetibile in una lontananza che appiattisca spazio e tempo. Non
scriveva Benjamin nella "Piccola storia della fotografia" quando compa-
rava le fotografie di Atget a quelle del luogo di un delitto, che ogni punto
delle nostre città é il luogo di un delitto? Il che equivale a definire la fun-
zione nuova dell’immagine fotografica come documento di prova del pro-
cesso storico: avvicinare oggetti e persone allo sguardo, eguagliandoli
alla loro specie, attenti all’evento e al suo subitaneo apparire fenomenico
che annienti ogni stereotipo, ogni maschera protettiva. Fissare insomma
l’apparenza anonima per dischiudere il senso.